PESCARA – Subì un agguato mentre gettava l’immondizia sotto casa, il 30 ottobre 2013, a Montesilvano, e dopo un anno di coma è morto per una insufficienza multiorgano l’ingegnere 43enne, Carlo Pavone, raggiunto da un proiettile quella sera in strada. Ora si aggrava la posizione dell’uomo che è finito in carcere, lo scorso 28 maggio, Vincenzo Gagliardi, 49 anni, impiegato alle poste, per il quale il 12 novembre scorso, prima della morte della vittima dell’agguato, era stato fissato al 17 febbraio 2015 il giudizio immediato al Tribunale di Pescara per tentato omicidio. Lui si è sempre professato innocente. «Dopo purtroppo la scomparsa di Carlo Pavone, noi aspettiamo che cambi l’accusa e crediamo che si passi da tentato omicidio a omicidio volontario premeditato», ha detto l’avvocato Massimo Galasso, del Foro di Pescara, che rappresenta Rocco e Adele Pavone, rispettivamente fratello e sorella della vittima. Lo stesso avvocato ha annunciato che la famiglia «si costituirà parte civile e per questo – ha detto Galasso – chiederemo un risarcimento del danno». «I fratelli e gli altri parenti di Carlo Pavone – ha aggiunto il legale – chiedono semplicemente di sapere la verità, conoscere quello che è accaduto. Nel processo, per cui é stato chiesto il giudizio immediato, occorrerà sapere se c’é un responsabile e chi é o chi sono i responsabili della morte di Carlo Pavone». Per gli inquirenti, la matrice sarebbe passionale. L’uomo in carcere fu indicato dagli stessi investigatori come l’amante della moglie della vittima. Il caso ha visto anche l’intervento del Ris di Roma che analizzò una serie di elementi.
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