Terminata l'odissea dei due teramani bloccati in Argentina: Daniele e Sante sono a casa

TERAMO – (alessandro misson) L’odissea dei due teramani bloccati in Argentina è terminata, ma senza lieto fine. Come purtroppo anticipato in un nostro articolo di qualche giorno fa, per il biglietto di rientro Daniele e Sante hanno dovuto sborsare la cifra di 2mila euro, cinque volte il prezzo ordinario, quasi il triplo del del biglietto di andata e ritorno che avevano in tasca, ma che non hanno potuto usare per la chiusura dello spazio aereo durante l’emergenza Coronavirus.

 

Daniele Perillo, studente dell’Università di Teramo, era in Argentina per una borsa di studio per compiere ricerche sul vino; doveva rientrare in Italia il 22 marzo. Durante il soggiorno extra in Argentina si è anche laureato in remoto con i docenti di Bioscienze di Unite. L’amico Sante Del Sordo lo ha raggiunto in Argentina per una vacanza di dieci giorni, protrattasi invece per un mese.

 

Attorno alle 16 Daniele Perillo e Sante Del Sordo sono finalmente rientrati nelle loro abitazioni a San Nicolò e Bellante, dove dovranno “scontare” – come da prassi – un’altra quarantena dopo quella “forzata” patita in Argentina solo perché italiani in un paese straniero. Ieri notte a Buonos Aires sono riusciti ad imbarcarsi su un volo charter dell’Alitalia organizzato dalla Farnesina e questa mattina sono atterrati all’aeroporto di Fiumicino. Da lì hanno affittato un’auto fino a Pescara e poi, in taxi, sono finalmente tornati a Teramo. Tutto a spese loro.

 

«Il 23 Aprile non sono riusciti a partire perché non hanno fatto in tempo ad acquistare il biglietto. Non siamo sicuri che i posti del volo fossero già prenotati. È probabile che fosse un problema del sito Alitalia. Un sovraccarico, perché i ragazzi sono riusciti ad accedere, ma la loro carta non sembrava fosse accettata dal sistema – commenta al telefono durante il viaggio di ritorno il padre Antonio Perillo – Ma nessuno ha saputo spiegare loro il meccanismo. Ho provato a contattare la Farnesina per avere informazioni, mi hanno risposto che dovevo contattare l’Unità di Crisi, dall’Unità di Crisi mi hanno rimandato all’Alitalia. Eppure non c’è stata una sola persona in grado di spiegarcelo, fino all’ultimo. È possibile che in un’emergenza del genere un Paese come l’Italia non sia stata in grado di mettere in piedi una linea telefonica dedicata alle famiglie che avevano e hanno ancora parenti all’estero?».

 

«L’odissea è finita – racconta al telefono Daniele, appena rientrato a casa a San Nicolò – Ma tanto ormai ci eravamo abituati. A dire il vero a Fiumicino c’è stato un altro intoppo: appena usciti dall’aeroporto con la macchina a noleggio ci ha fermati la Polizia per un controllo durato un’ora. Nonostante fossimo appena passati dai controlli della Polizia in aeroporto, avessimo il biglietto aereo, i documenti in regola e il giustificato motivo, praticamente gli agenti ci hanno detto che erano obbligati a controllare lo stesso, perché la Farnesina non fornisce loro alcun elenco degli italiani che stanno rientrando dall’estero. Assurdo».

 

Sul costo del biglietto i due ragazzi sperano in un rimborso, magari alla fine dell’emergenza: «Il trattamento ricevuto dall’Italia è stato davvero pessimo. Nessuna assistenza, nessuno che ci dicesse cosa e come fare. Noi siamo riusciti a tornare, ma all’aeroporto di Buenos Aires abbiamo assistito a scene penose: anziani che non sapevano come muoversi tra siti internet, prenotazioni, telefonate in Italia, completamente disorientati, abbandonati a loro stessi e senza i soldi per il biglietto. Gente che per attendere il volo è stata dirottata in un hotel di lusso a carissimo prezzo, mentre noi siamo riusciti a muoverci tra B&B e ostelli. Nella città dov’eravamo, a Mendoza, ci sono almeno altri 25 italiani che non sanno come fare per rientrare. Che dire poi del biglietto aereo, 2mila euro per un viaggio di oltre 14 ore con tarallucci serviti come cibo e senza una presa Usb per ricaricare il telefono!»

 

«Piuttosto che spendere 2mila euro sarei rimasto in Argentina fino alla fine dell’emergenza, avremmo vissuto benissimo per mesi con quella cifra, ma siamo dovuti rientrare. Alla fine di questa odissea non finirò mai di ringraziare abbastanza chi ci è stato vicino: la mia famiglia, che si è accollata la spesa per il mio rientro; la signora Eugenia Fernanda Ferrer del Consolato Italiano a Mendoza, che ci ha assistiti h24 e con la quale si è creato un rapporto speciale, nella difficoltà; il rettore di UniTe Dino Mastrocola per la vicinanza e le professoresse Rosanna Tofalo e Giovanna Cacciatore, che in questa strana esperienza ci hanno fatto letteralmente da madri»