Evasione da film, con la fune portata dal drone. Ecco come è scappato il detenuto: lo aveva già fatto a Pisa

Il velivolo telecomandato ha issato la corda alpinistica che i complici avevano fissato nella parte più bassa del muro di cinta. Poi il ‘volo’ dal terzo piano in diagonale. uscendo da una finestrella di 30 centimetri. Nel 2010 fu ripreso dopo qualche mese

TERAMO – Come in un film e con la più banale delle azioni, quasi ‘elementare’ per dirla alla Sherlock Holmes: l’evasione dal carcere di Castrogno, la prima nella storia di questo supercarcere destinato all’origine solo ai detenuti in attesa di giudizio e oggi diventato ‘albergo’ superaffollato, ha del clamoroso per le modalità con cui si sarebbe verificata.

Roland Dedja, Il detenuto albanese di 39 anni, rinchiuso in una cella da solo, finito in carcere per un’accusa di associazione a delinquete in tema di stupefacenti, potrebbe aver ricevuto – anzi sicuramente avrà ricevuto – gli attrezzi necessari per la fuga per mezzo di un drone. Il velivolo telecomandato dall’esterno avrebbe recapitato fino all’inferriata della cella, con due viaggi, dapprima il filo d’angelo utile per segare le sbarre e poi la corda da arrampicata, di quelle in uso in alpinismo: uno o più complici, da sotto e dal punto più basso della recinzione alta 20 metri che cinge il penitenziario, ha fissato bene il capo distale della corsa e poi fatto salire l’altro dal drone, fino alla finestrella del bagno della cella del detenuto.

Secondo la ricostruzione, l’albanese avrebbe con calma rimosso l’inferriata – aprendo una spazio anche questo clamorosamente stretto, di diametro al massimo di 30 centimetri – e poi serrato bene la corda con cui si è appeso alla parete ma non in verticale. Se avesse fatto così sarebbe finito nel cortile interno e noin avrebbe raggiunto il suo scopo. Procedendo in diagonale nel vuoto, dal terzo piano dell’edificio, è riuscito a mettere i piedi sulla sommità del muro di intercinta, dal quale è riuscito a spiccare poi il salto verso la libertà, sicuramente aiutato da chi lo stava aspettando. Tutto questo è avvenuto dal lato della strada comunale che conduce a Sciusciano e Cannelli e dove questa mattina gli agenti della polizia penitenziaria hanno battuto la zona in lungo e in largo alla ricerca dell’evaso.

Una fuga da manuale, insomma, se si aggiunge anche il fatto che l’albanese, per eludere il controllo visivo degli agenti penitenziari di turno nella notte, ha simulato la presenza nella branda di un corpo, coperto fino alla testa dalla coperta. La scoperta della fuga c’è stata attorno alle 7, ma l’albanese era andato via almeno dalle 4. A favorirlo anche il particolare che all’esterno del perimetro del carcere non c’è sorveglianza attiva: da qualche anno le ‘torrette’ sono vuote. Adesso è caccia aperta, con il contributo di squadre dei carabinieri, della squadra mobile della Polizia di Stato, Finanza e corpi speciali della Polizia penitenziaria. Ma difficilmente verrà ritrovato.

L’albanese era già fuggito dal carcere di Pisa, nel 2010, quando era in carcere per un omicidio e un tentato omicidio.
Con un altro detenuto, Bledar Shehu, si calò con un lenzuolo oltre il muro di cinta. Entrambi vennero catturati qualche mese dopo.

Insomma resta lo scacco matto che sa di beffa, sulla quale molti dovrebbero riflettere su quale è lo stato del carcere di Castrogno, fortino tranquillamente espugnabile se chi amministra e fa politica manterrà basso il. livello di sorveglianza, sia sotto il profilo numerico degli agenti che tecnologico.