TERAMO Per decenni è stato un vezzo, quello della brutta grafia dei medici ma oggi qualcuno punta il dito seriamente sulla impossibilità di interpretare soprattutto le lettere di dimissione. Cos_, nell'ottica di Luciana Bevilacqua (che come vicepresidente della Società Italiana per la qualità dell'assistenza sanitaria ha tutto il diritto, anzi il dovere, di dire la sua) il vecchio vezzo diventa un problema, con tanto di necessità e indicazione di soluzione. DoctorNews nei giorni scorsi ha spiegato che secondo la Bevilacqua la lettera di dimissioni ospedaliera che il medico dell'ospedale scrive al collega di medicina di base anche per consentire la prosecuzione del corretto trattamento del paziente non risponde a standard omogenei e spesso il medico di base ha gravi difficoltà nel capire che cosa contenga. E' chiaro che il problema non è quello della grafia (pur sottolineato vivacemente), ma piuttosto quello più generale di una totale mancanza di 'procedura' per rendere universalmente riconoscibile l'indicazione necessaria alla cura del paziente. Pare che per gli angloamericani la questione rilevi errori di applicazione anche piuttosto significativi in misura del 1020 per cento. In Italia non esistono dati perchè non ci sono rilevazioni in proposito ma la Bevilacqua propone comunque corsi specifici per imparare a comunicare e scrivere chiaramente in modo che i colleghi sul territorio capiscano il linguaggio dell'ospedaliero. La risposta alla provocazione è stata quella di minimizzare: in casa nostra il problema non esisterebbe ma in Lombardia esiste un manuale della cartella clinica, in cui vengono illustrate tutte le indicazioni da scrivere nella lettera di dimissioni.
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