I punti nascita secondo Mariani (PD) tra chiusure e nuove proposte di salute

TERAMO – Il nodo spinoso della chiusura di alcuni punti nascita in Abruzzo (tra cui quello dell’ospedale di Atri), ha segnato un punto importante con l’intervento di alcuni giorni fa da parte del ministro alla Salute, Beatrice Lorenzin. Ne è certo il capogruppo del PD in Consiglio regionale, Sandro Mariani. In una nota dichiara:” Credo, senza tema di smentita, che mai parole abbiano posseduto siffatta chiarezza, da parte di chi assume sulla propria persona, la responsabilità della dignità dei propri concittadini”. E prosegue: “Il ruolo che ricopro in Consiglio Regionale, mi impone di muovere rapidamente alcune riflessioni che intendo rendere pubbliche. Il primo dato che la nostra comunità dovrebbe raccogliere con piacere, attiene la possibilità di uscita dallo stato di commissariamento, che ancora ci attanaglia, nei prossimi 6-7 mesi. Abbiamo avuto il coraggio di compiere alcune scelte  – spiega Mariani, che non manca di bacchettare le opposizioni per avere strumentalizzato l’argomento – e credo che dovremmo avere il coraggio di compierne ulteriori, guardando al futuro, inteso come lo spazio temporale ove coniugare il verbo della sicurezza e dell’assistenza nei confronti di uomini, donne e bambini”. Questo significa, nella temporaneità, “che mi auguro essere breve, del suo incarico commissariale – dice ancora il capogruppo nel comunicato – prepararci a scrivere un nuovo Piano Socio Sanitario per la nostra regione, in cui il territorio deve essere attore protagonista assieme all’esigenza di benessere della nostra gente. Razionalizzazione è l’azione che deve far rima con rilancio e specializzazione, anziché con un mero taglio lineare di risorse e servizi. In questo senso sono convinto che la popolazione possa essere più pronta dell’intera classe politica ad accettare una completa rivisitazione del sistema del welfare, purché siamo in grado di garantire la certezza dell’assistenza e della prestazione erogata. Probabilmente la provincia da cui provengo, è un esempio paradigmatico di come la mini ospedalizzazione diffusa abbia prodotto un fallimento, nella vicinanza concreta ai cittadini,  sempre più lontani dalla percezione di luogo di cura, rispetto ai nosocomi nostrani”. Poi Mariani pone le domande per il futuro dell’architettura sanitaria da costruire: “Mi chiedo dunque, laddove la responsabilità della funzione pubblica, almeno fin quando la concorrenza di competenze ce lo consentirà, deve necessariamente assumere i caratteri della decisione, da cui sicuramente non ci sottrarremo, cosa è lecito pretendere per il futuro di quei presidi che oggi subiscono tagli o declassamenti? Cosa intendiamo offrire singolarmente ed in maniera sinottica, guardando all’offerta aggiuntiva di risposta socio-sanitaria a quei territori la cui domanda non può e non deve rimanere insoddisfatta”?