Il processo Tercas a Roma ricomincia daccapo e va verso la prescrizione

TERAMO – Il processo romano sulla Banca Tercas ricomincerà daccapo. La ricomposizione del collegio giudicante della nona sezione penale del tribunale di Roma, per impedimento di uno dei due giudici a latere, rimette in discussione tutto quello che fino ad oggi è stato acclarato nel corso di una quarantina di udienze e tre anni di processo. A cominciare dalle prossime date del dibattimento pubblico in corso al tribunale di Roma (si tornerà in aula ad aprile), i nuovi giudici dovranno riascoltare i testimoni fin qui sentiti e allo stesso modo anche i consulenti saranno richiamati a sfilare al processo. E’ un aspetto, questo, che potrà sempre più la vicenda verso una probabile prescrizione. L’iscrizione del fascicolo al registro generale di reato è infatti del 2012 e l’ipotesi migliore sui probabili tempi di conclusione del procedimento di primo grado, conta almeno due anni ancora. Ad Antonio Di Matteo, ex direttore generale della Banca Tercas e tra i principali protagonisti di questa vicenda giudiziaria, questa novità non va a genio: «Assolutamente no – dice -. Son convinto che la mia assoluzione fosse ormai imminente ma occorrerà attendere ancora e restare ancora con un processo aperto non è cosa piacevole». Il dibattimento finora non ha ancora preso in esame la lista testimoniale dell’avvocato Massimo Krogh, difensore di Di Matteo, ma «in questi anni – secondo il direttore generale dimessosi da Tercas nel 2011 – la vicenda Tercas ha iniziato comunque a chiarirsi. Nel corso del dibattimento sono risultati evidenti le responsabilità, ma soprattutto i comportamenti irresponsabili di quelli che hanno congiurato contro la banca e contro il territorio, con il concorso di quanti invece avrebbero avuto il dovere di difendere il proprio operato e invece hanno inteso sfruttare a proprio vantaggio, a proprio personale vantaggio – ha sottolineato Di Matteo – una asserita propria incapacità di intendere e di volere. Magari proprio per questa incapacità, a volte, sono stati anche promossi…». Nel processo romano, l’unico contro una banca, il caso banca Tercas viene discusso, più o meno, una volta al mese. Alla sbarra ci sono, oltre a Di Matteo, anche l’es presidente Lino Nisii, Cosimo De Rosa, Francescantonio Di Stefano, Raffaele Di Mario, Lucio Giulio Capasso, Pierino Isoldi, Paola Ronzio, Giampiero Samorì, Cinzia Ciampani, Pancrazio Natali, Vittorio Casale, Gilberto Sacrati e Saverio Signori, con contestazioni che vanno dall’associazione finalizzata all’ostacolo delle funzioni di vigilanza alla bancarotta. «Penso che riesaminare ogni testimone – è il pensiero di Antonio Di Matteo -, dopo questo cambio di collegio, sia un diritto di tutti gli imputati e soprattutto un dovere del nuovo collegio giudicante, che potrà decidere compiutamente soltanto dopo aver riascoltato testimoni e periti». Chi tra gli imputati di questo processo è già uscito, è Antonio Sarni, imprenditore titolare dell’omonimo gruppo della ristorazione. In concorso con Di Matteo, ha chiesto li giudizio abbreviato ed è stato assolto, ma i pm Maria Francesca Loy (magistrato dei casi Alberica Filo della Torre e Stefano Cucchi), Maria Sabina Calabretta e Giuseppe Cascini (titolare dell’inchiesta su Mafia Capitale) hanno appellato la sentenza. Di Matteo definisce «coraggiosa» la scelta della difesa di Sarni di chiedere l’abbreviato, la cui sentenza può dare utili indicazioni sul processo in corso. Sta di fatto che Di Matteo si sente pronto ad affrontare qualsiasi argomento di questa vicenda giudiziaria e sul caso Tercas in generale. Fatto sta che «ho chiesto l’esame diretto, invece di fare spontanee dichiarazioni: mi sottoporrò, e sarò l’unico in questo processo a farlo, a differenza di altri, alle domande di chiunque, parti e giudici».