Camera di commercio, Api e Aniem vogliono salvare la sede di Teramo. E insistono: 'Presidente illegittimo'

TERAMO – Le piccole e medie imprese di Api e quelle edili e manifatturiere dei Aniem lanciano la battaglia per difendere la sede teramana della Camera di commercio. E’ il presidente Api Alfonso Marcozzi a denunciare l’inerzia del vertici camerali, che avrebbero ‘mollato’ dopo la fusione volontaria con l’Ente camerale dell’Aquila, anche sulla localizzazione della sede. E’ lo spiega ai giornalisti, tornando a ribadire anche “l’illegittimità del ruolo di presidente di Gloriano Lanciotti, che ha raggiunto i tre mandati in Camera di commercio, e per di più essendo direttore della Cna e non un imprenditore”. Secondo Api e Aniem, “sembrava che la situazione in favore di una sede a Teramo fosse risolta, dopo la fusione volontaria nell’ambito della riorganizzazione voluta dal decreto Calenda del 2016. Nonostante le rassicurazioni di Lanciotti sulla nota interlocutoria con cui L’Aquila avrebbe accettato lo stop alla fusione, ciò non è stato e in questi giorni ci stiamo accorgendo che L’Aquila non tornerà indietro. Abbiamo perso del tempo prezioso – aggiunge Marcozzi -, in attesa di quale evento non lo so, in attesa di qualche ‘poltrona’ molto probabilmente, se ci fossimo mossi prima forse oggi il quadro sarebbe diverso”. Che fare, allora secondo Api ed Aniem? “Forse lo spiraglio è quello di dichiarare illegittimi tutti gli atti proposti dal presidente, visto che non è legittimato a ricoprire quel ruolo”. Per salvare il salvabile, che in questa fase potrebbe essere mantenere almeno la sede della nuova Camera di commercio L’Aquila-Teramo nel capoluogo aprutino, Marcozzi nei prossimi giorni proporrà al presidente del Consiglio comunale di Teramo l’adozione di un ordine del giorno con cui l’assise civica impegni il sindaco Gianguido D’Alberto e la sua giunta, a chiedere al presidente Marco Marsilio la sospensione del percorso sull’accorpamento delle Camere aquilana e teramana, verificando se sono previste modifiche alle legge nazionale di riordino, visti i numerori ricorsi pendenti in diversi Tar italiani.