Il campo profughi di Moria nell’esperienza dell’angelo dei profughi’

Alla Casa del Popolo domani si proietta il documentario sulla struttura di raccolta dei migranti di Lesbo, raccontata dal punto di vista dell’attività italo-marocchina Nawal Soufi

TERAMO – Domani, sabato 20 maggio (alle 18) alla Casa del Popolo in via Nazario Sauro, a Teramo, sarà proiettato il documentario ‘Limbo’s Fragments’, a greek portrait of Nawal Soufi’. che racconta il campo di Moria e la tendopoli adiacente, nell’isola greca di Lesbo, dal punto di vista di Nawal Soufi.

Nawal è una donna italo-marocchina, che si dedica ormai da dieci anni alla lotta per i diritti umani, come attivista a tempo pieno. Iniziò aiutando i migranti che sbarcavano in Sicilia, i quali si rivolgevano a lei per ricevere i primi soccorsi. Nota come ‘l’angelo dei profughi’, è stata più volte protagonista di campagne di sensibilizzazione e di azioni umanitarie volte a portare aiuti concreti, come medicine, cibo e vestiti, a tutte quelle persone che si sono venute a trovare nella condizione migrante.

Dal 2015 Nawal si trova sull’isola greca di Lesbo, nella città di Mitilene, dove sorge Moria, un campo per profughi che ha da tempo superato il numero di persone per cui fu pensato. Accanto al campo è sorta una tendopoli, dove vengono sistemati i migranti in eccesso. Recentemente il campo di Moria è stato al centro dell’attenzione mediatica internazionale, prima per le condizioni di vita divenute proibitive a ridosso del lockdown, poi per gli attacchi fascisti subiti dai suoi residenti e adesso per un incendio che lo ha quasi raso al suolo. Il documentario si riferisce al dicembre 2018 e racconta l’attività di Nawal nella tendopoli. I presupposti che avrebbero portato ai recenti disastri vengono messi in luce dall’attivista, in un momento in cui ancora il pubblico internazionale non si curava di Moria. 

La vita nel campo e nella tendopoli ha assunto i connotati di un’attesa senza fine, un limbo in cui i bambini sono costretti a giocare fra lamiere e filo spinato, mentre gli adulti sono sempre più abbandonati in quella che sembra una disastrata microsocietà da dopo-guerra. Eppure l’ombra dell’istituzione “Europa” incombe costantemente come un’autorità spietata e al contempo assente. I profughi possono uscire dal campo, arrivare in città, ma ovviamente non possono lasciare l’isola e sono costretti a risiedere in un luogo dove il tempo si è fermato. Le speranze di chi ha creduto di trovare salvezza da fame e guerra in Occidente, si sono infrante contro i muri dell’indifferenza e della burocrazia.

Il pomeriggio alla Casa del Popolo prevede anche una chiacchierata con il regista Luciano Attinà. Poi, alle 20, Cena Multietnica di autofinanziamento No Borders